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Visualizzazione dei post da settembre, 2013

Il mio parere su The Bling Ring

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E così ho visto The Bling Ring e ho avuto conferma del mio squallido presentimento e cioè che fosse un film da fashion bloggers, da instagramers, da adolescenti social che vanno a vedere film commerciali agli Uci Cinemas, da gente che usa gli hashtag per comunicare; che fosse una pellicola mediatica con sponsor e campagne pubblicitarie di convenienza e poca anima e indipendenza. Che fine ha fatto la tua sublime e straniante indie-tudine Sofia? Le tue atmosfere sospese e la musica sopraffina? Dov'è finita la tua cifra stilistica bon ton, il tuo gusto essenziale e le tue storie travagliate immerse in una malinconia chic e in un dolore delizioso, in una bellezza appagante per gli occhi e significativa per la mente? Le licenze di vanità e le frivolezze non sono mai mancate nei film della Coppola , il tocco glamour ed estetizzante è il suo marchio di fabbrica, ma The Bling Ring è totalmente vano e frivolo, è tamarro, stupido e noioso, un susseguirsi concentrico di siparietti

I Love Books: 57. Oblomov

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Non so se sia il rigore termico, la vodka in circolo nelle vene o un dono genetico particolarmente diffuso da quelle parti nell'800, ma i romanzieri russi hanno una capacità narrativa pazzesca, passionale. Ti immagini prose rigidissime e racconti gelidi, temi la sconfinata mole sovietica di quei tomi e il loro peso grigio piombo, e invece, una volta iniziata la lettura, ti ritrovi di fronte, o meglio dentro, a dei mondi di descrizioni, introspezioni e proiezioni di perfetta succosità romanzesca, di sublime, scorrevole, purissimo racconto. Ti trovi faccia a faccia con l'arte del narrare e ne trai sommo piacere, ne fai strumento di salvezza. Finora mi ero concessa qualche amabile e soddisfacente seduta di Tolstoj e Dostoevskij , ma leggendo Oblomov ho aggiunto Gon č arov alla lista di spacciatori russi di emozioni da lettura. Leggere Oblomov è stato catartico, benefico, una seduta di autoanalisi fatta di continue scosse, empatie e rivelazioni, di richiami personali

Serie tv mon amour: 25. Orange Is the New Black

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Orange Is the New Black è la mia nuova ossessione, la mia galera, il mio colore preferito: ho finito ieri sera la prima stagione raggiungendo picchi di fanatismo massimo, e non vedo già l'ora di tornare tra quelle sbarre, in quella gabbia di matte straordinarie. Aspettare la seconda stagione sarà come scontare una pena. Questa serie (trasmessa in streaming da Netflix e ispirata al libro di memorie di Piper Kerman ) ha il brio vitaminico dell'orange e la cupezza del black, è esuberante, su di giri, maleducata, volgare, ma anche triste, deprimente e asfissiante; è frivola, sboccata, a tratti demenziale, ma fa anche riflettere e commuovere. L'ho adorata perché è estremamente viva e coraggiosa, perché è femminile ma non teme la più rude mascolinità, perché è ambientata in carcere ma è liberatoria, perché è divertente, perché i personaggi sono caratterizzati con esilarante furbizia e le attrici sono tutte delle mattatrici. E' un micromondo dalle mille facce e

I Love Books: 56. 22/11/'63

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Quando, specialmente subito dopo letture impegnative, cerco un tipo di lettura "di riposo" che abbia a che fare più con l'entertainment che con la letteratura vera e propria, mi rivolgo al Re, al maestro dell'arte furbastra di acchiappare il lettore, risucchiarlo e sputarlo via solo a fine libro. King è quasi malefico in questo senso, è una sorta di scaltro stregone, di genio bastardo dell'editoria in grado di ipnotizzare dopo poche pagine; fa quasi rabbia per questo suo innato talento, fa quasi paura. Nei suoi mondi provinciali americani orrorifici, malsani e misteriosi c'è spazio per tutti, dal lettore più commerciale e targetizzato a quello più colto e snob. Non c'è scampo per nessuno. 22/11/'63 è il tipico marchingegno kinghiano di vastissima fantasia e perfetta lavorazione dell'intreccio, di surreale ad altissima credibilità e di reale di facilissima empatia. E' un mondo di ingranaggi di scrittura perfetta, sfacciata, sempre padr

Il mio parere su Il mondo di Arthur Newman

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Durante la visione di Il mondo di Arthur Newman ( Arthur Newman , di Dante Ariola , 2012) mi sono chiesta: "Diamine, ma qualcuno ha letto la sceneggiatura di questo film?", perché la sedicente sceneggiatura in questione è un abbozzo incompleto e indeciso, privo di una direzione precisa, di incipit, climax ed excipit ben tracciati, sembra un appunto scheletrico che andava sviluppato e che non si ancora bene dove sbocchi e perché. Il risultato è che Il mondo di Arthur Newman sembra più un'idea che un'opera compiuta, più una clip del film che il film fatto e finito. Quando ho visto che gli attori protagonisti erano Colin Firth e Emily Blunt , complice anche la lunga estate di nulla filmico, mi sono fiondata al cinema: lui ha un'allure seriosa da uomo di mezza età che non lascia scampo, lei è un'attrice poco utilizzata ma quasi sempre ben utilizzata dal cinema contemporaneo, e la trovo adorabile. Entrambi belli, bravi e britannici, una coppia filmica nuov

I Love Feltrinelli: 55. Middlemarch

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Un mese esatto, per l'esattezza 29 giorni, non uno di più, non uno di meno, è il tempo lungo, lento e laborioso che ho impiegato a leggere e finire Middlemarch . E' stata un'esperienza faticosa, tutt'altro che estiva e riposante, ma che soddisfazione e moto d'orgoglio arrivare fino in fondo, sfidare le lentezze, i punti morti, l'istinto di lasciar perdere l'impresa, vincere contro tali pigre bassezze per poi assaporare il gusto autentico e pregnante del romanzo vittoriano, il più emblematico dei romanzi vittoriani, più di ottocento pagine di inglesità ottocentesca, pane per i miei denti affascinati da tutto ciò che è albionico e dalle penne femminili d'epoca (per chi non lo sapesse, George Eliot è lo pseudonimo di Mary Ann Evans !). Durante la lettura non ne sono stata cosciente, ma finito il libro mi è arrivata addosso fulminea e fortissima la consapevolezza di aver letto un capolavoro, una pietra miliare di grande valore, non solo letterario,