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Visualizzazione dei post da gennaio, 2015

Il mio parere su The Imitation Game

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Benedict Cumberbatch ai miei occhi ha assunto le fattezze definitive e immutabili di Sherlock e questa mia percezione distorta e ostinata mi ha fatto sovrapporre per buona parte del film il detective della serie tv al personaggio di Alan Turing. In certe scene di The Imitation Game ho avuto la certezza di trovarmi di fronte ad una puntata di Sherlock , specie nei primi momenti in cui emerge la genialità intuitiva ai limiti dell'autismo di Alan Turing e i suoi momenti di euforici eureka. Identici, ai miei occhi, a quelli del detective di Baker Street. Un problema mio o una mancanza di versatilità da parte di quella strana e affascinante creatura britannica dagli occhi di gatto e dall'ovale alieno? Probabilmente entrambe le cose. Di certo Cumberbatch non è uno sprovveduto nell'arte della recitazione, ma in questo film a mio parere non va oltre la sufficienza e oltre lo schema del copione che ha studiato. Gli ho preferito di gran lunga Keira Knightley e questo mi

I Love Books: 86. Revolutionary Road

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L'ultimo libro che ho letto nel 2014 è stato Revolutionary Road e posso dire di aver chiuso l'anno in bellezza, nella più completa felicità letteraria. Quello che mi ha dato questo romanzo è stato infatti pura felicità, non perché i temi trattati siano immersi nella beatitudine (tutt'altro, come ben sapete), ma perché l'abilità narrativa di Yates è del tipo che provoca questo sentimento, oltre ad una commossa riconoscenza e all'euforia che si prova negli incontri con la grande Letteratura. Ancora una volta l'aver visto prima il film di Sam Mendes (assolutamente all'altezza del romanzo) mi ha allontanato per anni da questa meraviglia, ma in amore e in letteratura non è mai troppo tardi, per fortuna. April e Frank Wheeler :   giovani e belli, due figli, villetta in periferia nel complesso residenziale di Revolutionary Road, un quadretto familiare di ridente e rassicurante borghesia americana degli anni '50. Solo che il ritratto di questa fa

I Love Books: 85. Olive Kitteridge

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In questo blog avrò già scritto decine di volte che non amo i racconti e tutto ciò che ha a che fare con la frammentazione, la brevità, la sospensione narrativa. Il senso di rottura e di inappagamento che mi danno i racconti è devastante, la sensazione di non ancora detto, la necessità dell'intuizione, la parzialità di ogni approfondimento mi tolgono quel beato senso di compiutezza che mi danno i romanzi lunghi. C'è però sempre un'eccezione alle proprie avversioni e Olive Kitteridge è stato la mia prima eccezione, la prova più unica che rara che anche un'ostilità atavica ai racconti può diventare apprezzamento se questi racconti riescono a dare e a farsi amare anche nella loro natura breve (miracolo che non è avvenuto con Alice Munro , di cui vi parlerò in un altro post). Credo che il motivo sia essenzialmente questo: che i racconti contenuti in Olive Kitteridge , hanno un senso d'insieme e una stretta connessione al cuore del romanzo e della sua protagonis

(Mini)Serie tv mon amour: 32. Olive Kitteridge

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Frances McDormand , Richard Jenkins , Bill Murray : basta questa trinità di mostri sacri (più il logo HBO ) come garanzia dell'eccellenza di questa miniserie. Tuttavia aggiungerò due parole perché le cose belle vanno celebrate e condivise. Olive Kitteridge è una di quelle serie fatte di poco o niente, di molta stasi atmosferica e poca azione, che riescono a commuoverti a livelli molto profondi. Qualcosa che ha a che fare con la poesia, un tipo di poesia malinconica e scabra. Ho pensato spesso a Stoner  mentre la vedevo, non per somiglianza di trama, ma per la stessa capacità di creare bellissime suggestioni con il minimalismo, con cose, gesti e parole di piccola portata, con la banalità della quotidianità e per la capacità di parlare della vita semplicemente mostrandola, nella sua essenzialità, nella sua natura normalmente antiromanzesca. Sullo sfondo di un Maine dalle tinte oceaniche e floreali, in una cittadina sonnacchiosa di nome Crosby che fa pensare alla Cabot Cove

Il mio parere su Paddington

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Natale è ahimè già finito e il doloroso processo del disadornare case e città è in atto, ma se volete prolungare ancora un po' quel senso ovattato di bello, quella leggerezza mentale e quella sospensione festiva di ogni forma di dramma e dissidio interiore, allora potete andare a vedere Paddington , se non l'avete già fatto. Paddington è stato il mio ultimo film del 2014, il classico film senza impegno, ma non necessariamente sciocco che mi concedo durante le feste e che mette in circolo nel corpo sano buonismo e brio infantile mettendo a tacere il Grinch che serpeggia in ognuno di noi. Le parole chiave che mi hanno portato a scegliere questo film e a diminuire la mia età anagrafica per un pomeriggio, sono state Londra e Sally Hawkins . Amo tutto ciò che riguarda la metropoli britannica, vivrei di luoghi comuni a base di tè delle cinque, impermeabili da pioggia e cabine telefoniche rosse e ogni volta che ci vado mi sento dentro un romanzo vittoriano, dentro la mia i

Il mio parere su Big Eyes

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Il primo film che ho regalato ai miei occhi nel 2015 è stato Big Eyes e non poteva esserci visione più gradita e dalle tinte vivaci. Da un po' di tempo, quando vado a vedere un film di Tim Burton , onde evitare delusioni da fan nostalgica della prima ora, mi impongo di non avere alcuna aspettativa né alcun pregiudizio pre e post burtoniano, di non alzare le classiche barriere di diffidenza post-Alice in Wonderland e di mettere da parte la fissazione romantica per personaggi mitologici come Edward mani di forbice e simili. Grazie a questo approccio vergine e detimburtonizzato sono riuscita a godermi  Dark Shadows   e  Frankenweenie  in purezza. Nel caso di Big Eyes sono stata ampiamente ripagata: l'ho trovato bellissimo, in stato di grazia e godibile nella sua totalità. Un buon film, a prescindere dal suo essere un film di Tim Burton . L'estetica burtoniana va e viene; ci sono dei momenti in cui la gamma cromatica, la fotografia, il tipo di inquadratura e di su