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Visualizzazione dei post da maggio, 2015

Il mio parere su Youth - La giovinezza

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La rievocazione della giovinezza e l'accettazione della vecchiaia, non riesco a pensare a due processi più delicati di questi da trasformare in cinematografia. Sono mondi, non argomenti, sono vasti e spesso insondabili o sondati male, eppure Paolo Sorrentino  con la sua personalissima poetica è entrato dentro questa dimensione e ne ha fatto una poesia, l'ennesima, ma anche una bellissima riflessione sulle emozioni e sulla loro gestione. I veneratori indefessi e monoteisti de   La grande bellezza  mi perdoneranno se la mia felicità post Youth non è meno fervida di quella legata al capolavoro di due anni fa. Sorrentino è un regista totale e questo film me ne ha dato conferma. Il suo modo di far andare a nozze grottesco e incantevole, prosaico e poetico è ancora una volta prodigioso e non mi stancherò mai di celebrare questo incantesimo estetico-emozionale - anche a costo di diventare una fanatica acritica e generalista - finché ne sentirò gli straordinari effetti una vo

Il mio parere su Il racconto dei racconti

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Per amare Il racconto dei racconti si deve essere predisposti all'incanto e si deve essere stati ascoltatori seriali di fiabe sonore durante l'infanzia. Ogni forma di rimostranza razionale deve essere lasciata andare per entrare dentro lo spirito di un film del genere, ma ciò non vuol dire dimenticare a tutti i costi il reale, tutt'altro. La fantasia - che non vuol dire necessariamente genere fantasy - deve essere aperta e preparata all'accoglienza dell'insolito, dell'atemporale, del magico, ma anche a quella brusca concretezza garroniana che chi ama il regista ben conosce. Per un'ex bambina che come me ha amato fino all'usura le musicassette allegate ai libri di fiabe nei primi anni '90, Il racconto dei racconti è stato un enorme dono. Dire che l'ho trovato splendido è poco. Ipnotico può rendere meglio l'idea. La meraviglia delle meraviglie sarebbe il sottotitolo perfetto. Le suggestioni, i ricordi, gli stralci di beatitudine i

I Love Books: 95. Via dalla pazza folla

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L'idea fissa che mi ero fatta di Thomas Hardy aveva a che fare con un romanticismo tetro e tragico, con una solennità poetica e ombrosa, con una tonalità ineluttabile di grigio cupo che avvolge cose, persone, vicende in un vortice funesto. Sia  Tess dei D'Urberville  sia  Jude l'oscuro  sono state letture tutt'altro che consolatorie e leggiadre, ma essendomi all'epoca predisposta preventivamente alla negatività hardyana, sono riuscita a tirare fuori la bellezza e la potenza di entrambe le narrazioni e ad amare lo stile forte dello scrittore inglese. Quello che mi aspettavo da Via dalla pazza folla era pertanto una totale disarmonia atmosferica con la primavera tutt'intorno a me, un contrasto tra la solarità esterna e la cupezza interna alle pagine. Volevo però arrivare preparata all'uscita del film di Thomas   Vinterberg  tratto dal romanzo e così, armata di curiosità e coraggio ho intrapreso il cammino senza ombrello e cerotti per il cuore.

Il mio parere su Mia madre

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Nanni Moretti è uno dei miei due-tre mentori esistenziali di sempre, un portavoce della mia essenza. La poetica morettiana è il mio manifesto: passano gli anni, ma l'aderenza del suo stile al mio modo di sentire e la sensazione di empatia e rispecchiamento rimangono immutati. Eppure, sfogliando le pagine del blog, mi sono resa conto di non aver mai parlato di un suo film. Probabilmente perché quando una cosa la amo molto posso anche decidere di non tirarla in ballo per non disonorarla, posso sentirmi inadeguata all'espressione verbale di tale amore. Ma veniamo a Mia madre , per cui proverò a mettere per iscritto qualche breve pensiero (sentendomi ovviamente inadeguata). Non è il Nanni dorato degli anni che furono, quel Nanni esagerato, bisbetico ed esilarante nelle sue posizioni e introspezioni politiche e psicologiche, ma il film è davvero molto bello. Una storia semplice, umanamente aperta, priva di eccessivi approfondimenti psicologici e sottotesti premedit