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Visualizzazione dei post da gennaio, 2016

Il mio parere su Steve Jobs

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Se quello che cercate è un biopic glorificante e in adorazione del suo soggetto, un'agiografia a sfondo informatico, rimarrete spiazzati da Steve Jobs di Danny Boyle (e dalla sceneggiatura di Aaron Sorkin ). Steve Jobs era un genio ed era insopportabile, era pieno di idee avanguardistiche e di esasperante individualismo, era una rivoluzione creativa e una continua involuzione a livello relazionale. Idee informatiche elitarie e il pallino fisso della distinzione, della personalizzazione, anche a discapito delle persone. Il sistema end-to-end del suo Macintosh era un po' lui in sostanza. Jobs voleva tutto, lo voleva funzionante, lo voleva bello, lo voleva esclusivo e inclusivo, e voleva piegare tutti alla sua visione (talvolta visionaria) delle cose. "Campo di distorsione della realtà", era questo il suo superpotere, la sua prepotenza. Il suo Macintosh degli esordi doveva dire "Hello" all'accensione per stupire il pubblico, imperativo cat

Il mio parere su La grande scommessa

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Questo film è sorprendente per una ragione: il suo contenuto è di una pesantezza grigia e numerica (almeno per me), il suo stile è una cosa folle e geniale. La grande e audace scommessa di portare al cinema la crisi mondiale del 2008 con tutta la sua minuziosa esegesi e di rendere questa materia ingessata e cifrata una giostra aperta e spregiudicata è stata vinta in pieno dal regista Adam McKay e dal suo azzeccatissimo cast di stelle. Bale - Carell - Gosling - Pitt , ripetete con me e inchinatevi a cotanta sostanza attoriale. La grande scommessa  (tratto dal libro di Michael Lewis The Big Short - Il grande scoperto ) rigurgita aridità numeriche, affastella dati e percentuali, parla il linguaggio per me esoterico dell'economia e della finanza, ma ha un montaggio così vivace e trovate esplicative così accattivanti da riuscire a coinvolgere anche il più ipodotato in fatto di scienza bancaria. Una persona come me per esempio. Economia for dummies insomma, la lezione di

Il mio parere su Revenant - Redivivo

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L'ho visto sabato, l'ho ripensato e ponderato mentalmente domenica e oggi scrivo due considerazioni piuttosto diverse da quelle che avrei pensato di scrivere prima di vedere il film. Confidavo in mie sperticate lodi e in quel tipo di entusiasmo da capolavoro che ti fa esagerare nell'uso di aggettivi trionfali, e invece sarò tiepida, a tratti delusa. Revenant me l'aspettavo diverso: più narrativo, più romanzesco e psicologicamente raffinato, più dinamico, più epico. Invece è un film basic, fatto di istinti primordiali, natura impervia che troneggia fiera per tutte le due ore e mezza della pellicola, silenzi sconfinati che fanno parlare la disumanità del paesaggio, motivazioni essenziali, dominio della sopravvivenza minima e un tipo di uomo che si fa animale, selvaggio, belluino, basilare. Un film animato da dinamiche elementari che non cerca nulla di più sofisticato e originale del suo minimalismo narrativo, del suo aspetto gelido e spietato. Il bene, il male

I Love Books: 111. Umiliati e offesi

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Quando ho scelto di leggere Umiliati e offesi  sapevo che il Dostoevskij che l'ha scritto era un absolute beginner, una versione ancora acerba del solenne titano dei grandi capolavori successivi ed ero perfettamente pronta alla sua statura limitata. Mi aspettavo il dominio di un tono minore enfatizzato dal confronto mentale con i grandi romanzi maturi, mi aspettavo, su suggerimento di prefazioni scoraggianti (mai leggere le prefazioni, ma se proprio non resistete trasformatele in postfazioni), una robetta da quattro rubli. "Un'opera rozza, ma di almeno una cinquantina di pagine sono fiero" , dice lo stesso  Dostoevskij della sua prima creatura dall'estesa lunghezza. E invece, a dispetto di ogni previsione e di ogni autocertificazione di modestia, ho amato molto quest'opera piena di difetti eppure già carica di brillantezza e di densità narrativa. Quello di Umiliati e offesi è un Dostoevskij romantico e privo di furore che non ha ancora preso l